Napoli, musica e teatro: una passeggiata con Pulcinella

Che ci fanno Pulcinella, Caruso, Eduardo e Roberto Murolo insieme a Napoli? Sembra l’inizio di una barzelletta, ma così non è. Questa è una storia a tratti vera, a tratti fantastica, che vi trasporterà nella Napoli che fu, tra musica e teatro.

‘O paese de ‘o sole…

Proprio così. Quel giorno era nuvoloso a Napoli. Mi trovavo a Piazza del Plebiscito, insieme al mio gruppo di amici. Eravamo appena arrivati e già non vedevamo l’ora di esplorare le vie e i vicoletti della città. Ma prima volevamo seguire la tradizione e divertirci un po’. Io fui il primo a bendarmi gli occhi. Scopo del gioco era attraversare l’intera piazza a occhi chiusi, passando tra le due statue equestri di Canova, in fondo. Un mio amico mi diede una bella spintarella ed ecco tuffarmi nel vuoto, tra le correnti della folla. Camminavo a tentoni, muovendo i piedi come un equilibrista. Tutt’attorno potevo sentire lo schiamazzare dei passanti: tante lingue diverse, tutte concentrate in quell’unica piazza, sospesa nel tempo… BAM!

“Ué, guagliò, tutt’apposto?”

La testa mi faceva un male cane. Mi trovavo a terra, ai piedi di una statua, quando davanti a me vidi una mano, avvolta da una manica bianca, larghissima, che nascondeva il rosso della maglia sottostante. Tra le dita penzolava un piccolo cornicello, tutto fiammante.
“Te si’ fatto nu bellu bombolone!” ridacchiò una voce nasale, alquanto stridula.
La persona, uomo o donna che fosse, mi aiutò ad alzarmi. Ed ecco balenarmi davanti una maschera nera, dal nasone lungo e gibboso.
“Ma… ma…” balbettai. “Tu sei…”
Pulcinella Cetrulo, al vostro servizio!”
Si inchinò con ossequio, togliendosi il cappello a pan di zucchero.
“Che succede?” domandai, un po’ confuso.
“Staje nu poco ‘nzallanuto.” disse Pulcinella, toccandomi la fronte. “Siente a mme: facimmece na camminata! Accussì t’arripiglie nu poco.”
E mi prese sotto braccio.

“Da dove viene questo canto?”

L’intera piazza risonava di una dolce melodia che accarezzava le orecchie. D’un tratto il cielo si aprì, lasciando entrare il sole, coi suoi raggi dorati e l’azzurrità del firmamento.
Pulcinella si mise a ballare, muovendo le braccia con forte patetismo e ripetendo i versi di quella canzone.
“’O sole miooo sta ‘nfrooonte a tteee!” cantava toccando il bernoccolo che avevo sulla fronte.
Preso dallo stupore, mi lasciai guidare dal riverbero di quel canto.
“Viene dal Palazzo Reale!”  esclamai.
“Overo, guagliò!” fece Pulcinella. “He’ capito a Caruso: s’è truvato na bella sistemazione. Jamme a vedè!”

“’O rre! ‘O rre!”

Davanti a noi ci passò una carrozza maestosa, tutta dorata e impreziosita di porpora.
“Guagliò, fatte ‘a sotto!” esclamò il conducente.
Per poco i cavalli non mi investirono.
“Ué, Ferdinà! Ma nun ce vide?” gridò Pulcinella, inveendo contro il sovrano. “E certo, cu chillu nasone ca tene…” e fece il gesto.
“Ué, Pulecenè!” si affacciò Re Ferdinando. “Ce vedimmo ‘o San Carlino!”

Prima, però, c’è il San Carlo

“’O Mmassimo!” esclamò Pulcinella, roteando la mano.
Entrambi guardavamo estasiati la magnificenza di quel teatro, così imponente e ricco di musica e bellezza.
“Vediamo gli spettacoli di questa settimana!” dissi pieno d’entusiasmo.
All’ingresso notai due enormi locandine. Andai a leggere.
“Il Nabucco di Verdi e l’Attila di Mercadante.”
“I’ che genio ca teneno sti dduje!” esclamò Pulcinella. “A na ppoco si pigliano pe ‘e capille ‘ncoppa ‘o palco! Jamme a vedè che se dice ‘e dimpetto!”

“Hanno sparato! Hanno sparato!”

I carabinieri arrivarono davanti alla Galleria Umberto, all’ingresso del Salone Margherita. Tutta la calca aveva accerchiato una donna bionda, bellissima e dagli abiti sontuosi. Aveva un profilo francese, tanto affascinante quanto sbianchito dal terrore…
“Lucì! Lucì!” “È svenuta!” “Nu poco d’acqua e zuccaro!” “’A ccà, ‘a ccà!” “Facitela stennere!” “Ha dda piglià aria!”
Pulcinella si addentrava nella folla, facendo domande.
“Scusate, ma che è successo?”
“Pare ca ci sia stato n’attentato.” rispose il primo.
“Nu guaglione… ha perzo ‘a capa!” rispose il secondo.
“E se sape!” rispose la terza. “Chell’è na malafemmena!”
“Na sciantosa!” rispose un altro. “Troppo bbella e pure brava!”
“Steve cantanno e bell’e bbuono ‘a sparano.”
“Nu fatto ‘e gelusia?”
“Nun date retta, Pulecenè!” intervenne un uomo col papillon. “Chist’è nu fatto ‘e cronaca. Robba ‘e camorra! ‘O saccio je ca vengo d’o vicolo.
In quel momento un ragazzo venne trascinato fuori dai carabinieri e rinchiuso nella carrozza, manette alla mano. L’uomo osservò con attenzione la scena.
“Don Rafè ‘o buttigliero!” disse. “Sicuro ce sta isso ‘a reta. Vabbuò, je me ne vaco a ll’Umberto.”
“Mi scusi?” gli dissi. “Ma non si trova già in Galleria Umberto?”
“Ma c’avite capito?” disse lui, sorridendo. “Il teatro Umberto. Adò sta la mia compagnia. Veniteme a truvà!”
E se ne andò.
“Ma chi era?” domandai alla mia guida.
“Nu certo Raffaele Viviani.” rispose Pulcinella.

Pigliammece nu cafè

Dopo quella mattinata intensa, non c’era niente di meglio di un buon caffè preparato da Eduardo in persona!
“Signori miei!” disse De Filippo, versandoci la calda bevanda dalla cuccuma. “Io a tutto rinunzierei che a questa tazzina di caffè. E ma le devo fare io stesso, con le mie mani!”
“Maestro, ma quanti tazzine state facenno?” domandò Pulcinella, vedendo il drammaturgo versare caffè a non finire.
“Questa è una macchinetta per quattro tazze.” disse Eduardo, oscillando la cuccuma. “Ma se ne possono ricavare pure sei, e se le tazze sono piccole pure otto per gli amici… Guagliò, ‘o ccafè costa!”
“Ma nuje simmo sule tre!” rispose Pulcinella, agitando le mani.
“E nu poco ‘e cafè per mia sorella Titina ce ‘o vulimmo dà.” rispose Eduardo continuando a fare tazzine. “N’ato pe’ chella capa calda di mio fratello Peppino. E n’ato per il principe Totò de Curtis, e tutta la mia compagnia, mio figlio Lucariello e poi…”
Bevvi la mia tazzina.
“State servito?” domandò Eduardo, sorridendo. “Comm’è?”
“Caspita!” esclamai. “Questo sì che è caffè.”
“Mmm!” proruppe Pulcinella, leccandosi le labbra e accarezzandosi la pancia. “Sape ‘e ciucculata!”
“Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo.” sentenziò Eduardo. “Una tazzina presa tranquillamente qui fuori… al bar… con due simpatiche persone come voi.”

“È nato nu criature, è nato niro!”

Tutta Piazza del Gesù era gremita di gente. Ovunque vedevi tammorre, castagnette, chitarre: una gran musica che agitava gli animi delle persone, che ballavano in tanti cerchi.
“Seh gira e vota seh!” cantava una donna.
“Seh seh seh!” facevano eco le altre.

E la musica continuava a gran ritmo, senza fermarsi mai. Io e Pulcinella ballavamo insieme, girandoci attorno e agitando le braccia.
“Abballate!” gridò la mia guida, con la mano a mo’ di coppa.
Fu in quel momento che, dopo tante giravolte, mi scontrai con un uomo.
“Nunn’è accussì, nunn’è accussì.” ripeteva, scuotendo la testa.
“Mi scusi.” dissi. “Non volevo darle fastidio.”
“’A tammurriata… chesta tammurriata nun se fa accussì” ripeteva l’uomo, non curandosi delle mie parole.
“Robbè, ma pensate sempe ‘a chello?” gridò Pulcinella, continuando a danzare. “Abballate, abballate!”
“Nossignore!” rispose lui. “E ve faccio sentì!”

“Munasterio ‘e Santa Chiara…”

Roberto Murolo ci deliziava con la sua chitarra incantata, intonando le bellissime canzoni della tradizione napoletana. Ci fece ascoltare la “Tammurriata Nera” (l’originale!), poi passò a “Era de Maggio”, “Torna a Surriento” e tante altre per finire poi con un omaggio al Monastero di Santa Chiara, dove ci trovavamo. Insomma un concertino tutto per noi!
“Tengo ‘o core scuro scuro…” cantava Murolo, quando saltò una corda.
“È fernuto ‘a magia!” esordì Pulcinella, alzando le mani.
“Dove possiamo comprare un’altra corda?” domandai.
“Viene guagliò, t’accumpagno je.” rispose la mia guida. “Si no ca ce stongo a fà?”

“Tutti a scuola!”

Avevamo percorso tutta via San Sebastiano. Pulcinella era impegnato con un liutaio, cercando di trattare sul prezzo di una corda, quando fui attirato da una fila di uomini, in abiti barocchi e con gli spartiti alla mano. Li seguii fino al Conservatorio dietro l’angolo.
“Guagliò!” mi fermò Pulcinella. “Staje jenno pure tu ‘a scola?”
“Chi sono queste persone?” domandai alla mia guida.
“Eeh facimmo notte!” rispose Pulcinella, sventolando la mano. “Scarlatti, Cimarosa, Pergolesi, Paisiello e tanta bella gente. So’ tutte brave a sunà!”
E in quel momento il Conservatorio si accese di una musica intensa.

Il volto di Pulcinella

“Azz come m’hanno fatto bbello!”
Pulcinella si entusiasmava davanti al suo stesso busto. Poi cominciò a diventare nostalgico, appoggiandosi alla testa e guardando in alto, nel vuoto.
“Eeh, m’arricordo ‘e tiempe bbelle d’ ‘o San Carlino…” disse, sospirando. “’A casa mia, ‘a casa mia… Ho vagato per anni insieme a Fiorillo Silviuccio, assieme ‘o capitano… comme se chiammava? Motamoros…? Po’ passe a uno e passe a n’ato. Quanti faccia aggia tuccato! Quant’uocchje aggia pruvato. E quanti mazzate… aeh! Ma m’aggio pigliato pure le mie soddisfazioni. Cu ‘o rre po’, quanti chiacchiere… m’è venuto ‘o male ‘e panza. Uuh e Feliciello, quante me n’ha fatto passà! ‘O striglievo forte forte, dint’a sti bbraccia, pecché teneva paura… ‘e me…” Pulcinella rideva tra le lacrime. “Sulo a isso ce aggio fatto vedè ‘a vera faccia mia. E mo’ pure a te, guagliò.”
Pulcinella allungò la mano e mi tirò a sé, accanto al suo busto.
“Tuocca stu naso!” disse. “E vedrai il vero volto di Pulcinella Cetrulo…”
Preso dall’emozione, strofinai il naso del busto. E lentamente Pulcinella sfilava via la sua maschera…

Napul’è tutte nu suonno

“Antonio, Antonio, svegliati!”
Aprii gli occhi e la prima cosa che vidi fu la luce. Era tornato il sole a Napoli.
“Ma cosa è successo?” domandai, un po’ stordito.
“Sei andato a sbattere contro la statua.” spiegò un mio amico. “E sei svenuto.”
“Tutto bene?” domandò una ragazza.
Era la guida che stavamo aspettando.
“Ho fatto un sogno troppo bello!” raccontai. “Ho visto Caruso, Viviani, De Filippo, Murolo… e c’era Pulcinella, che mi accompagnava e mi spiegava ogni cosa.”
La guida sorrideva.
“Allora sei già pronto per il tour!” esclamò lei. “Perché faremo un viaggio indietro nel tempo, nel cuore della musica e del teatro napoletano. Scopriremo le origini e le vite dei personaggi, insieme agli attori e ai musicisti che hanno fatto la storia di Napoli. Cominceremo dal Novecento, attraverso le note di Caruso e i primi caffè-chantant, per poi passare alla maestosità del San Carlo e alla sua piccola parodia, il San Carlino. Vedremo le opere di Eduardo, di Scarpetta, Petito, e passeremo a ritroso nei secoli fino alle origini e alla creazione della maschera di Pulcinella!”
E mi aiutò ad alzarmi. Tra le mani nascondeva un cornicello.

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