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Una donna di carta e musica per un tuffo nel cuore di Beatrice

Una donna di carta e musica per un tuffo nel cuore di Beatrice

Eccoci qui: ormai tutti in libertà. Chi si tuffa nel mare, chi nel lavoro, chi nello studio, chi si fa trascinare dalla modiva, chi dalle preoccupazioni … Anche Museodivino ha riaperto, con un sito rinnovato e tante iniziative per l’estate.

E mentre il mondo riprende a girare nel bene come nel male, ci avviamo a concludere il nostro “diario del lockdown attraverso la Divina Commedia” in cui ci siamo affidati alla guida di Dante nel viaggio collettivo attraverso l’Inferno (a marzo e aprile) e il Purgatorio (a maggio e giugno) in attesa della libertà paradisiaca.

In attesa dell’ultima tappa di domenica prossima, oggi salutiamo la bella Matelda: ambigua, affascinante, erotica figura che Dante incontra nel Paradiso Terrestre. Gliel’avevamo rubata per farne il simbolo della “fase intermedia”, piena di desideri e di pericoli, di paura e speranza, e adesso è ora che Matelda ritorni al suo creatore. Ma prima, sarà così generosa da svelarci il suo più intimo segreto? …

Chi sei, bella donna?

Litri d’inchiostro, decine di teorie, centinaia e centinaia di raffronti letterari e di indagini storiche e filologiche non hanno permesso di giungere a una conclusione univoca. Matelda è ispirata alla figura storica di Matilde di Canossa? Forse. Rappresenta la virtù attiva, come Beatrice quella contemplativa? Probabilmente sì. Matelda, come Catone, è la custode del tempo fuori dalla storia? Sì, però non siamo sicuri. E’ forse la donna prima del peccato originale? Sì … forse. Ecco però che in questo turbine disorientante di ipotesi possibili, si fa strada un punto su cui lo sguardo di giovani ricercatori e studiosi sta convergendo con vasti accordi, ed è un punto che ci rende Dante più vicino e più simpatico: fosse anche solo per questo, abbracciamo l’ipotesi e ve la raccontiamo così, come l’abbiamo capita, al fondo di una domenica sera post-covid 19.

La mia pelle è di carta e musica

C’è stato un tempo un gruppo di giovani che volevano cambiare tutto. Dopo aver imparato dai maestri, gettavano gli insegnamenti del passato e iniziavano a sperimentare forme nuove. Si lanciavano sfide per migliorarsi a vicenda, si promettevano di non abbassare mai il livello, stupivano il mondo col loro coraggio, cadevano e si risollevavano, per volare sempre un po’ più su.

E’ una storia che si ripete, sempre uguale a sé stessa, ma ogni volta unica. Ogni generazione ha i suoi giovani eroi dell’arte, della politica, della scienza: oggi per noi quella generazione si chiamerà Dolce Stilnovo, perché andiamo a spiare dal buco della serratura della memoria di Dante. Lui ce lo consente, ci invita a farlo. Ci apre questo spiraglio così tenero e doloroso al tempo stesso: ecco, questi sono gli amici della gioventù, questi i sogni di cambiamento della letteratura, questa la poesia che volevamo fare, i canoni che volevamo sviluppare.

Tutto il Purgatorio è fitto di citazioni dalle opere giovanili di Dante e dei suoi amici d’un tempo, e Matelda è il culmine di questo percorso, di questo cammino a ritroso nella memoria. Per descriverla, Dante realizza un vero e proprio mosaico, un puzzle di citazioni letterarie da cui emerge una figura femminile che ne nasconde almeno altre cinque: Pastorella, Giovanna-Primavera, la Oiseuse, Proserpina, Venere ed Ero. Sono figure tratte della mitologia antica ma anche vicinissime a Dante (come la donna amata dal suo amico Cavalcanti), mescolate tra loro e tutte soffuse di quell'”amor cortese” che la sua generazione aveva l’ambizione di raccontare come nessuno aveva fatto prima.

Se mi lasci non vale: il canto della sirena

Ma cosa accade se la donna amata scompare? Se ci lascia, se sposa un altro, se ci disprezza o se, come accade alla Beatrice dantesca, abbandona questo mondo? Ecco: questa domanda, così antica eppure così attuale per la vita di ciascuno di noi, racchiude il centro della grande novità dantesca nella poesia amorosa – potremmo definirla una rivoluzione nella rivoluzione.

Se con gli amici letterati dello Stilnovo il poeta canta i moti segreti dell’anima innamorata, creando allegorie e metafore dense di significati spirituali, nel momento in cui Beatrice muore egli si trova di fronte a un abisso non solo personale ma anche poetico. Come scrivere quando l’oggetto dell’amore non c’è più? Come raccontare i fremiti per uno sguardo, la disperazione per un saluto mancato, il venir meno dei sensi per un sorriso che forse non era neppure rivolto a noi, quando lo sguardo si è spento e il sorriso non brillerà mai più?

E la vita continua anche senza di lei

Tutti i poeti prima di Dante hanno esattamente cantato questo momento tanto tragico. E poi? E poi il momento successivo: la vita prosegue, l’amore ritorna in un altro viso, in un’altra figura. Si può continuare a cantare, perché le donne belle sono tante. E Matelda è proprio una “bella donna”, così la definisce Dante per ben sei volte nell’arco di due canti – potremmo dire che è la summa di tutte le belle donne del mondo, migliaia di visi, di mani, di caviglie danzanti, una forma cangiante e sempre nuova, a ogni nuova donna amata – perché morto un amore ne arriva un altro, e il canto amoroso riprende, con nuovi sguardi, nuovi sorrisi, nuovi tormenti e nuovi inganni …Ma non per il nostro poeta.

Un centro lieve di gravità permanente

Dante ci prova: dopo la morte dell’amata scrive rime per una nuova donna, poi per una giovinetta, e poi per un’altra donna ancora. Anche lui, come i suoi amici, lega la vita alla poesia e la poesia alla vita. E’ morta Beatrice, ci disperiamo un po’, ma poi … lui è un poeta e non può permettersi di smettere di cantare: deve dunque trovare un nuovo oggetto amoroso, poi un altro, e un altro ancora … eppure, qualcosa non funziona. Ed ecco che il genio dantesco compie, a un certo punto, uno straordinario salto fuori da questo ciclo infinito e proclama, in tutta onestà, che se anche Beatrice è morta, non è morto l’amore per lei.

Non è morto! L’amore autentico non muore. Seppure viene a mancare l’amata, il suo ricordo e le parole incise dal suo sguardo nel nostro cuore non ci possono essere strappate. Secondo le parole della critica letteraria, Dante raggiunge per primo “la coscienza che la fondazione del testo letterario debba di necessità passare attraverso l’interiorizzazione della storia, ovvero la scissione di testo e vita”: ciò che il poeta crea non dipende dai fatti che accadono, più o meno casualmente, nella sua vita, ma dai moti interiori che sono scolpiti nelle profondità dell’anima.

Ricorda con dolcezza

Insomma: toglietemi tutto, anche Beatrice stessa – il suo ricordo mi basterà.Sospesa tra terra e cielo, tra tentazione e purificazione, tra vita ed eternità, Matelda ci ricorda col suo mutare perpetuo, ciò che di stabile è al centro della nostra anima: il ricordo di un amore autentico, talmente radicato da poterci nutrire per tutta l’esistenza e da cui solo troveremo la forza per uscire dalla Selva Oscura.

Fonti

Le citazioni e le idee esposte sono tratte da svariate fonti, ma in particolare da:

Valentina Atturo e Lorenzo Mainini,”Beatrice, Matelda e le ‘altre’. Riflessioni dantesche tra Rime, Vita Nova e Commedia”, in The 2011 Society of Italian Studies Biennial Conference (St Andrews, 6–9 July 2011).

Ilaria Tufano, “Note intorno al canto XXIX del Purgatorio”, Università di Losanna

Patrizia Grimaldi Pizzorno, Matelda’s Dance and the Smile of the Poets, in Dante Studies, with the Annual Report of the Dante Society, No. 112 (1994), pp. 115- 132Quel che di scorretto si troverà nel testo, è invece sicuramente farina del nostro sacco.

Le immagini sono tratte dalla “Primavera” che, secondo alcuni, è in realtà un omaggio di Botticelli agli ultimi canti del Purgatorio.

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