Un Viaggio Incerto

Il Viaggio Incerto di Caroline

La Divina Commedia Attraverso lo Sguardo di Caroline Peyron

Un gruppo di anime danzanti del Purgatorio


Il 27 luglio ho avuto la fortuna di poter incontrare ed intervistare Caroline Peyron, artista francese, classe 1952.

Dagli anni ottanta Caroline vive a Napoli, e qui ha tenuto numerosi laboratori di disegno, pittura e mostre personali. In particolare, dal 25 marzo all’8 maggio del 2024, si è tenuta nella sala di lettura Guerriera Guerrieri della Biblioteca Nazionale di Napoli, la sua mostra “Un Viaggio Incerto”, che più che una mostra è un vero e proprio dialogo personale con la Divina Commedia di Dante Alighieri. Opere ispirate alle cantiche, fogli divisi in file di tre a rappresentare la concatenazione delle terzine dantesche, venti dischi fermati con mollette segnate da numeri romani, per indicare i rispettivi canti, e, al centro, il cuore di questa esposizione: la Divina Commedia personale dell’artista.

Il volume consiste in un’edizione bilingue della Commedia, con traduzione e adattamento di Jacqueline Risset, sottolineato, dipinto e appuntato da Caroline nel corso di varie riletture. Durante l’intervista mi ha mostrato quest’opera, abbiamo sfogliato e commentato insieme le pagine, e mi ha raccontato del suo rapporto con Dante, la Commedia, e le grandi opere in generale.

Una conchiglia ci accoglie all’ingresso del Purgatorio


Nel 2024 si è tenuta la tua mostra “Un Viaggio Incerto”, nata da un dialogo con la Divina Commedia di Dante, e in particolare da questa edizione della Commedia che hai dipinto; potresti dirmi di più al riguardo?

Dante voleva scrivere per i letterati e per quelli che non lo fossero. Mi iscrivo in questa seconda categoria non avendolo studiato a scuola, visto che io ho studiato in Francia, e avendolo solo intravisto quando i miei figli, che studiavano alla scuola italiana, dovevano appiattire i suoi versi in prosa, cosa che trovo veramente un esercizio terribile. L’ho quindi letto libera dalle interpretazioni, e solo alla seconda lettura ho guardato note e commenti. Sapevo che Dante era uno dei creatori della lingua italiana, ma sapevo poco. Conoscevo i grandi illustratori da Botticelli a Gustave Doré, e naturalmente non si trattava di imitarli. Dunque mi rendo conto che ho affrontato una cima, ed è per questo che ho fatto un “Viaggio Incerto”. Poi è stato un viaggio anche perché io e un’amica d’infanzia ogni estate, durante le vacanze, leggevamo a voce alta un testo importante, e quando dovevamo cominciare a leggere insieme la Divina Commedia lei si è ammalata. Io avrei letto in italiano e lei in francese. Ho iniziato a leggere fino alla sua morte, ero arrivata a metà del Purgatorio, e nove giorni dopo la mia amica è morta. Al suo funerale ho letto una parte del Paradiso, poi ho continuato, e questo è stato anche come accompagnare un’amica che se n’è andata, chissà in quale dei regni della Commedia.

La Divina Commedia che ho è parte di una collezione bilingue con la grande traduttrice Jacqueline Risset, che ho avuto la fortuna di conoscere. Lei ha dedicato tutta la sua vita a tradurre la Divina Commedia, e devo dire che è veramente bellissimo come ha tradotto.  Però le mie non sono delle illustrazioni, ma più i ghirigori che si tracciano quando si parla, si ascolta, si pensa o non si pensa a niente. Certi vengono bene altri per nulla. Quando ho fatto la prima lettura ho solo sottolineato le cose che mi colpivano, perché Dante lo capivo e non lo capivo insieme, un po’ come il provenzale, che è l’unica lingua straniera che c’è nella Commedia, cosa che mi ha colpito perché mia nonna materna era provenzale di origine. All’inizio lo leggevo a voce alta e sentivo il ritmo dove mi colpiva, poi mi fermavo su una parola e iniziavo a disegnare su quella, e poi pian piano ci sono ripassata con i colori. Dunque non è un’illustrazione, ma un accompagnamento della parola. Gli occhi, le foglie, il cammino, un cane a tre teste, la caduta, la forbice che fa un taglio in riferimento alle tre parche. Spesso era una parola che determinava il disegno.

Quando Dante esce dall’Inferno è come se uscisse da un corpo, come se uscisse dal mondo. Ci sono ripassata tante volte, in due anni di lavoro, ed è proprio una riflessione sull’arte. È stato tutto molto libero, intuitivo, legato al piacere di rileggere e rivedere le cose. Sono delle forme un pò indeterminate.  Durante tutto il Purgatorio ho fatto sempre due colonne, ed è tutto più luminoso, ci sono tutti i colori, molto azzurro e blu, poi le colonne pian piano si trasformano e diventano pennelli. Nel Paradiso molto giallo e oro, non più colonne ma forme circolari perché il tempo è circolare, e pian piano diventa sempre più astratto, sempre più ricco e sempre più giallo. Poi Dante passa spesso il suo tempo a cercare di descrivere quello che non si può descrivere, e quando succede io faccio del fiori.

Le colonne del Purgatorio
Le colonne diventano pennelli

Nel viaggio di Dante c’è un mondo. L’attrice Judi Dench diceva che nei lavori di William Shakespeare c’è una raccolta completa di tutte le emozioni umane mai esistite, si ritrova questo anche nella Divina Commedia?

Si, come nella Bibbia, per questo a volte ho un lapsus, la Commedia la chiamo Bibbia, perché è un testo fondatore. Impressionante tutta la cultura che aveva, e come tutta la storia dell’umanità e della cultura stia lì, come tanti fiori, e anche per questo ho fatto i fiori, la sua poesia sboccia, sempre. Ci sono tutte le sfaccettature che potresti vivere, e queste sono le grandi opere. All’inizio mi sono divertita ad elencare le grandi opere e i grandi autori, come Gilgamesh, Tolstoj, Shakespeare, l’Odissea, L’Eneide, Balzac, Zola, Joyce, Dostoevskij. Sono tutte Divine Commedie.

Grandi autori, personaggi e opere


E quindi tu rivedi il suo viaggio come un qualcosa che può accompagnare un viaggio di vita o emotivo? Che può essere sia più complessivamente una vita intera, o il viaggio di un’elaborazione di un lutto, o sublimazione di un sentire.

Io non parlo mai di elaborazione del lutto perché diffido dell’espressione “fare il lutto”. Si dice “hai elaborato il lutto”, ma sono solo cose che plachi, mai poi ti impediscono di pensare. Diffido da chi ha grandi teorie su se stesso, io non ci credo, spesso quando faccio una cosa faccio un diario accanto, ed è divertente poi vedere il percorso. Poi dopo te la puoi raccontare come vuoi, ma se hai fatto un buon lavoro su te stesso sai che le cose che ti puoi raccontare sono spesso costruzioni narcissique. Questa è un’opera sulla quale è bello tornare. Come facevano i re di Inghilterra con Virgilio, prima di prendere una decisione lo aprivano. Per me è un esercizio di ammirazione, io penso che quello di cui si soffre oggi è poca umiltà. Leggere le grandi opere è un esercizio di umiltà e di ammirazione, è bello ammirare, inchinarsi davanti alla bellezza, come un omaggio se vuoi. È incredibile pensare che certi sono riusciti a fare queste opere, non puoi neanche capire come un solo uomo ha potuto farlo, che cosa è successo per mettere insieme tutto ciò, sono come degli angeli che ci accompagnano.

Caroline Peyron legge Dante



Un’ultima domanda: in quanto artista, qual è la figura femminile della Commedia che ti è più cara, con cui hai parlato attraverso l’arte, e come si è sviluppato questo dialogo?

Ci sono migliaia di figure di donne, non ce n’è una ma tantissime, e questo mi piace. Anche la stessa Beatrice è multipla, non è una sola. Ci sono tanti aspetti e tante figure di Beatrice: c’è la Beatrice donna, la Beatrice ideale, è questo che mi piace, questo incontrare tante donne. Perché la donna non esiste nel senso de “LA donna”. Io penso che nessuna donna sappia cos’è una donna, io non so cosa è una donna. Dunque la cosa che mi piace è la molteplicità delle donne, degli uomini, delle metafore, ma non c’è una donna in particolare.


L’incontro con Caroline Peyron ci ricorda come le grandi opere, anche a distanza di secoli, continuino a parlarci attraverso nuove voci e nuovi linguaggi. La sua arte è un invito a rileggere Dante non come un monumento immobile, ma come un’opera viva, ancora capace di ispirarci e stupirci, se solo glielo permettiamo. In questo dialogo tra passato e presente, parola e immagine, l’arte si conferma sempre scintilla di nuove interpretazioni.

Attualmente la Divina Commedia di Caroline è esposta al Museodivino, insieme alle miniature della Commedia in gusci di noce della collezione SAME.

Per scoprire il Museodivino: https://www.museodivinonapoli.it/

Link della mostra “Un Viaggio Incerto”: https://www.bnnonline.it/it/22/eventi/4130/un-viaggio-incerto_-mostra-di-caroline-peyron

Altri lavori di Caroline Peyron: https://vimeo.com/carolinepeyron

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